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LAVORO FORZATO
IN URSS
Forma di lavoro coercitivo a cui erano costretti
i detenuti raccolti in particolari penitenziari. Delinquenti comuni e
oppositori politici venivano deportati nei campi di lavoro, situati soprattutto
in Siberia, e occupati nella costruzione di grandi opere pubbliche. Il
primo campo di lavoro fu istituito nell'aprile del 1919, su iniziativa
del commissariato del popolo degli Interni, per raccogliere gli oppositori
politici. Sotto Stalin il sistema dei lavori forzati raggiunse il suo
apice, divenendo il perno della repressione. La direzione dei campi di
lavoro fu affidata alla polizia segreta. Vi vennero deportate intere categorie
di cittadini, gruppi etnici e militanti comunisti che si opponevano a
Stalin. Con il lavoro forzato furono sfruttati giacimenti di minerali,
costruite grandi opere come il canale tra il mar Baltico e il mar Bianco
(1931-1933), il canale Mosca-Volga (1932-1937), linee ferroviarie, centrali
elettriche, nuove città. Dopo la morte di Stalin il sistema dei
campi di lavoro cadde progressivamente in disuso e la detenzione dei prigionieri
comuni e politici avvenne attraverso nuove forme, in particolare con l'internamento
in ospedali psichiatrici e il domicilio coatto.
Vedi anche Gulag.
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